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Studi di Settore: cosa ne pensano le PMI? Ci sono proposte?

lentepubblica.it • 10 Febbraio 2016

studi_di_settore_d0Il soggetto unitario di rappresentanza delle pmi e dell’impresa diffusa ha inviato al Ministero dell’Economia un documento contenente le proposte di intervento sulla materia. “Nel corso del 2016 gli studi di settore saranno interessati da una semplificazione dei modelli e da una rivisitazione delle modalità di costruzione. Riteniamo sia giunta l’ora di cambiare passo e di abbandonare completamente l’utilizzo dello studio come strumento di accertamento per valorizzarne le potenzialità dello stesso come elemento di compliance”. Lo scrive Rete Imprese Italia nelle “Le proposte di intervento in materia di Studi di Settore”, documento che è stato inviato al viceministro dell’Economia, Luigi Casero. In particolare, Rete Imprese Italia propone di “rivedere l’utilizzo degli studi di settore ritornando alle iniziali finalità dello strumento”, nonché di introdurre un “nuovo sistema di tassazione che punti a premiare l’efficienza e la fedeltà fiscale in modo automatico all’aumentare del reddito dichiarato”. Il soggetto unitario di rappresentanza delle pmi e dell’impresa diffusa chiede dunque di “utilizzare lo studio di settore come elemento di una rafforzata compliance”.

 

Gli studi sono revisionati triennalmente e, dal 2008, sono stati inseriti specifici correttivi a fronte del perdurante stato di crisi dell’economia: in corrispondenza di ogni revisione dello strumento questo è stato sempre più affinato (contrastando il fenomeno dell’indicazione di dati non veritieri) e gli indicatori di normalità economica e gli indici di coerenza sono stati finalizzati al riconoscimento del regime premiale. Oggi sono applicati 204 studi di settore suddivisi nelle quattro grandi aree: manifatturiera, servizi, commercio, professioni che ricomprendono tutte le attività economiche. L’applicazione degli studi è limitata ai contribuenti con ricavi non superiori ad € 5.164.000. Il numero dei soggetti che applicano gli studi è di oltre 3,6 milioni di contribuenti a fronte di circa 5 milioni di partite IVA esistenti in Italia. Gli accertamenti da studi di settore sono stati poco più di 12.000 nel 2014, a fronte di circa 600.000 soggetti non congrui.

 

Nel corso del 2016, anche sulla base dell’atto di indirizzo del Ministro dell’Economia e delle Finanze del 22 dicembre 2015, gli studi di settore saranno interessati da una semplificazione dei modelli e da una rivisitazione delle modalità di costruzione. Non va dimenticato che i numerosi dati ed informazioni richieste sono frutto di una stagione in cui lo studio era “autosufficiente” ai fini dell’accertamento (circolare n. 58 del 2002). Quindi, per cogliere ogni situazione, e tenerne conto nel livello di congruità, il modello è stato complicato a valle del calcolo di GERICO. Riteniamo sia giunta l’ora di cambiare passo e di abbandonare completamente l’utilizzo dello studio come strumento di accertamento per valorizzarne le potenzialità dello stesso come elemento di compliance.

 

In allegato all’articolo il testo completo dell’audizione di Rete Imprese Italia.

Fonte: Confcommercio/Rete Imprese Italia
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